Dalla suddetta sentenza emergerebbe che: “…i soggetti che avevano richiesto il riconoscimento del titolo di abogado acquisito in Spagna senza avere in precedenza e con profitto frequentato il master e sostenuto l’esame di Stato, qualora avessero attivato la procedura di omologazione dopo il 31 ottobre 2011, pur possedendo una documentazione apparentemente regolare, erano in realtà privi dei requisiti prescritti dalla normativa interna spagnola, come interpretata dall’autorità competente spagnola e comunicato per le vie ufficiali, ai fini dell’accesso ed esercizio della professione di avvocato in Spagna.”
Il TAR, sulla basa di quanto sopra, deduce, contraddittoriamente, che, nonostante il regolare possesso di un provvedimento di iscrizione in un colegio de abogados, se questo non è stato conseguito “correttamente”( e cioè senza aver preventivamente frequentato il Master di accesso all’abogacia e sostenuto l’esame abilitante alla professione) non esisterebbe alcun titolo astrattamente riconoscibile.
A tal proposito sarà necessario ricostruire i presupposti fattuali che hanno determinato tale sentenza “ad personam“, contradditoria e foriera di indebita ingerenza del Giudicante italiano su diritti acquisiti all’estero.
Dopo ottobre 2011 la Spagna ha introdotto il master di accesso all’avvocatura. Dopo novembre 2014 è stata eliminata la possibilità di omologa titolo di laurea di licenciado en derecho introducendo il nuovo sistema di grado e master.
In tutto questo periodo, ed ancora oggi, i collegi di avvocati spagnoli hanno continuato ad esercitare la propria autonomia regolamentare sull’argomento valutando caso per caso i curricula formativi del facente richiesta di iscrizione così che è abogado chiunque si ritrova iscritto come esercente nel Colegio de abogados nel quale ha il suo domicilio professionale. Solo chi è abogado (iscritto come esercente e domiciliato) può esercitare professionalmente l’attività forense. In sostanza, la Spagna ha spiegato: – che solo i Colegios possono decidere chi iscrivere e chi cancellare, prova ne è che il CGAE, quando ha voluto sapere circa la legittimità delle iscrizioni, ha chiesto informazioni ai Colegios; – che le iscrizioni degli Abogados erano avvenute in base alla legge spagnola.
Non è né il master né l’esame di Stato che rende il richiedente abogado o meno.
Nessun abogado italiano mai è stato cancellato dal proprio collegio salvo casi di “falta de pago” (ossia mancato pagamento delle quote associative periodiche).
E’ fuori discussione che chi sia iscritto in un albo di avvocati spagnoli possa esercitare in Spagna e deve essere altrettanto fuori discussione che il medesimo possa esercitare il suo diritto di stabilimento in Italia o qualsiasi altro stato europeo.
L’abogado spagnolo che vuole svolgere la professione di avvocato in Italia ha due possibilità totalmente distinte seppur percorribili parallelamente. Può utilizzare la direttiva 98/5/CE (recepita con d.lgs. n. 96/01) e stabilirsi in Italia, patrocinando in forza del suo titolo europeo per tre anni, al termine dei quali potrà acquisire il titolo di avvocato (PER TUTTO IL PROCEDIMENTO E AMBITO DI APPLICAZIONE E’ ESCLUSIVAMENTE COMPETENTE IL COA DI RIFERIMENTO).
Oppure, come i soggetti interessati dalla sentenza in parola, può chiedere il riconoscimento della sua formazione professionale ai sensi della direttiva 2005/36/CE (recepita con d.lgs. n. 206/07) e sottoporsi alla prova attitudinale prevista dalle Autorità italiane (esame scritto/orale). IN TAL CASO, PREVIA DOMANDA AL MINISTERO DI GIUSTIZIA CHE SOLO DOVREBBE VERIFICARE L’AUTENTICITA’ DELLA CERTIFICAZIONE PRESENTATA, IL CANDIDATO SOSTIENE LA PROVA INNANZI ALLA COMMISIONE DEL CNF.
Nella pratica è accaduto infatti che oltre 300 persone con titolo di abogado regolarmente iscritte in Spagna hanno chiesto riconoscimento al Ministero di Giustizia italiano (chi per accorciare i tre anni di stabilimento previsti dal d.lgvo 96 del 2001, chi per motivi personali lavorativi perchè incompatibile con l’iscrizione all’albo italiano in qualità di avvocato stabilito). Il Ministero ne ha rigettato l’istanza sul presupposto che non avevano fatto il master. Alcuni degli interessati hanno proposto ricorso al TAR che ha emesso la sentenza “de quo” Di fatto la maggior parte degli interessati era già iscritta all’albo speciale e da tempo ormai è stata integrata nell’albo ordinario per decorrenza dei tre anni.
IN CONCLUSIONE
LE DUE STRADE HANNO PRESUPPOSTI LEGISLATIVI DIVERSI ED INCONFONDIBILI
L’unico documento richiesto per l’iscrizione all’albo speciale degli avvocati stabiliti è il certificato di iscrizione all’albo professionale di origine.
Il principio è cassato in Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 22/12/2011 n° 28340
Il Consiglio dell’Ordine non può rifiutare la domanda di iscrizione nell’elenco degli avvocati comunitari. E’ quanto hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 22 dicembre 2011, n. 28340, essendo del tutto irrilevante la differenza, tra Italia e Spagna, della normativa per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, e la circostanza che il richiedente non abbia dimostrato il conseguimento, in Spagna, di un particolare titolo abilitante né di specifica esperienza professionale.
Tale posizione è stata rafforzata dalla Corte di Giustizia Europea: Con la sentenza del 17 luglio 2014 (cause riunite C-58/13 e C-59/13, Torresi e a.) la Corte di giustizia ha dato il via libera ai laureati italiani che si recano in Spagna soltanto per ottenere il titolo di “abogado”, ma intendono immediatamente ritornare in Italia ed ivi esercitare l’attività professionale, acquisendo progressivamente anche il titolo nazionale di avvocato. La loro scelta sul conseguimento e sul riconoscimento del titolo professionale – e più in generale sull’esercizio del diritto di stabilimento – non possono essere in alcun modo ostacolate dagli Stati membri.